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Locazione: non valgono gli accordi fuori contratto – Cass., ord. n. 37 del 3.1.2014

Pubblicato il 04/01/2014

locazione accordi contrattoIn caso di locazione, gli unici accordi che valgono tra le parti sono quelli previsti e contenuti nel contratto di locazione registrato. È questo, in sintesi, il principio affermato dalla III Sezione della Cassazione con l’ordinanza n. 37 del 3 gennaio 2014.
La questione sottoposta all’esame della Suprema Corte riguarda la validità del patto che frequentemente viene stipulato tra il proprietario dell’immobile e l’inquilino per fissare l’importo del reale canone d’affitto, diverso da quello indicato nel contratto di locazione registrato.

Secondo la Cassazione, tale patto occulto tra le parti avrebbe come unica finalità quella di eludere l’imposizione fiscale e, pertanto, sarebbe inammissibile ed illecito. Più precisamente, l’ordinanza afferma che, in considerazione dello scopo pratico dalle parti (e in particolare una di queste, il locatore) con tale stipulazione appunto perseguito, e pertanto della relativa causa concreta (causa concreta che, come la Cassazione ha già avuto modo di affermare, si sostanzia nell’interesse o scopo pratico anche tacitamente obiettivato che la specifica operazione contrattuale posta in essere dalle parti è funzionalmente diretta a soddisfare), essa (ndr: la scrittura privata contenente tale patto) si rivela pertanto come imprescindibilmente connotata dalla vietata finalità di elusione fiscale, e, pertanto, conseguentemente affetta da invalidità, non sanabile neppure con una registrazione tardiva.

EuroIn pratica, nonostante la conclusione di un tale accordo “sottobanco”, il locatore non ha diritto di percepire legittimamente un canone maggiore di quello originariamente assoggettato ad imposta (ossia quello indicato nel contratto originario),  con l’ulteriore conseguenza che il proprietario dell’immobile non può agire per lo sfratto per morosità dell’inquilino qualora quest’ultimo si limitasse a pagare il canone previsto nel contratto di locazione e non anche l’ulteriore somma prevista a latere.
Ciò non significa, però, che l’importo dell’affitto non possa essere modificato nel corso della durata del contratto, essendo possibile, a tal fine, concludere un nuovo accordo novativo di quello scritto e registrato , che,  a sua volta, dovrà essere assoggettato ad imposizione fiscale. Tale nuovo accordo, afferma l’ordinanza, deve trattarsi invero non già (…) di un mero escamotage per realizzare una finalità di elusione fiscale, bensì di una contrattazione rispondente alla volontà delle parti.

L’ordinanza in questione appare estremamente importante oltre che ai fini pratici, anche in punto di diritto, in quanto afferma un principio esattamente contrario a quello contenuto in una precedente pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ. Sez. III, n. 16089 del 27 ottobre 2003) in cui si stabiliva che è certamente valido il contratto scritto ma non registrato, senza che rilevi, nei rapporti tra le parti, la totale omissione dell’adempimento fiscale e, pertanto, che il locatore potrà chiedere l’applicazione del canone previsto nella controdichiarazione, che è valida, poiché nei contratti in questione le parti possono liberamente determinare l’importo del corrispettivo e si porrà un problema di tardiva regolarizzazione fiscale della controdichiarazione a far data dalla stipulazione, regolarizzazione espressamente consentita dalla legislazione di settore (art. 13 d. lg. 18 dicembre 1997 n. 472).

 

 

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