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Cessione di partecipazioni sociali e prelazione

Pubblicato il 24/04/2015

 partecipazioni sociali e prelazioneLa clausola di prelazione prevista dallo statuto sociale per il caso di cessione di partecipazioni sociali a terzi ha efficacia reale. Lo ha stabilito una recente ordinanza del Tribunale di Milano, n. 4852 del 9 marzo 2015, che è intervenuta sulla discussa questione dell’efficacia delle clausole limitative della circolazione delle partecipazioni sociali, ossia le clausole di gradimento e, appunto, di prelazione.

 

La clausola sulla prelazione è opponibile ai terzi

Il patto di prelazione ha di regola natura parasociale, rilevando solo sul piano obbligatorio e senza opponibilità ai terzi; viceversa, nel caso in cui esso sia inserito nell’atto costitutivo o (anche successivamente) nello statuto sociale, lo stesso acquisisce invece rilevanza per l’organizzazione della società ed efficacia reale opponibile anche al terzo acquirente (Cass. civ., Sez. III, 23/07/2012, n. 12797).

L’efficacia reale della clausola di prelazione determina, pertanto, come conseguenza il fatto che essa sia opponibile ai terzi.

La cessione della partecipazione effettuata in violazione della prelazione è inefficace e l’acquirente cessionario non può essere considerato come socio della società.

Diversa è la situazione nel caso in cui la prelazione sia prevista nei patti parasociali: in questo caso, la clausola ha efficacia “solo” obbligatoria, e quindi la cessione, seppur effettuata in violazione della prelazione, è comunque valida ed efficace. L’acquirente, dunque, acquisisce a tutti gli effetti la qualifica di socio, che non potrà essere contestata né dalla società né dagli altri soci aventi diritto ad essere preferiti,

 

Efficacia reale ma niente riscatto

Se l’efficacia reale della clausola di prelazione determina, di fatto, l’impossibilità per il cessionario di acquisire lo status di socio, da ciò non deriva, tuttavia, la possibilità per gli altri soci di riscattare dal terzo acquirente la partecipazione da questi acquisita in violazione della prelazione.

Tale ulteriore facoltà è possibile solo qualora sia prevista espressamente dalla legge (ad es., nel caso della prelazione agraria), mentre non può derivare da una “semplice” pattuizione dei soci (dunque, in sostanza, un atto di autonomia privata) anche se inserita nello statuto sociale e pubblicata nel Registro delle Imprese.

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