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L’amministratore di sostegno e il “Diritto Vivente”

Pubblicato il 16/05/2012

120508_AdSQuello dell’amministrazione di sostegno è un argomento paradigmatico della stretta connessione esistente tra vari campi del sapere, nonché dell’attitudine della scienza giuridica a svolgere una funzione di raccordo tra le varie discipline.
La genesi dell’istituto dell’amministrazione di sostegno può infatti essere ricondotta ai progressi effettuati negli ultimi decenni dalla scienza, in particolare medica, che ha sollecitato un cambio di prospettiva nella valutazione sociologica dei disordini e delle problematiche mentali in genere: tale cambio ha reso a sua volta necessario un adeguamento linguistico che lo esprimesse e, infine, un adeguamento normativo, allineato al mutamento dei tempi anche sotto il profilo terminologico dello specifico linguaggio giuridico.

È così che è nata la legge sull’Ads, n. 6 del 9 gennaio 2004, che costituisce una prima rilevante affermazione, a livello normativo, del c.d. “diritto vivente“, di quel diritto cioè che non promana dallo Stato, ma affonda, invece, le sue radici nel “sentire sociale”, in un atteggiamento di continuo ascolto di quelle che sono le esigenze che emergono quotidianamente dalla società: esigenze che quando individuano un aspetto della vita sociale non adeguatamente disciplinato dalla legge o un’esigenza economico-commerciale che si pone, allo stato, in conflitto con la legge stessa, operano una sostituzione tra il diritto ritenuto evidentemente morto, benché a livello di fonti normative non ancora modificato o abrogato, con un altro diritto asseritamente vivente.
La legge 6/2004 si è inserita nell’ambito della tutela delle persone disagiate al fine di assicurare loro un’efficace assistenza ed, al contempo, il mantenimento della capacità di agire relativamente ai compiti non demandati espressamente, in via esclusiva, all’amministratore. Un’ulteriore garanzia offerta dall’istituto è poi costituita dal fatto che tutte le attività cui si è appena fatto cenno si svolgono comunque sotto il controllo costante del giudice tutelare, la cui figura riveste una posizione di assoluta centralità e rilevanza all’interno della disciplina in esame: al giudice tutelare è infatti affidata ogni valutazione, dapprima, circa la necessità della nomina dell’amministratore, e, quindi, in merito alla predisposizione di adeguati interventi e concrete misure di assistenza e protezione, in ogni caso avendo sempre di mira l’esclusivo interesse della persona beneficiaria.