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Trust vs Fallimento. Chi vince?

Pubblicato il 08/04/2014

trustL’istituto del trust, da tempo ammesso dalla legislazione italiana, costituisce uno strumento particolarmente versatile essendo utilizzabile per il raggiungimento di scopi anche molto diversi tra loro (di carattere familiare, di garanzia, caritatevoli, ecc.).

L’elemento che più di altri caratterizza il trust, e su cui si è concentrata maggiormente l’attenzione degli interpreti, consiste nel fatto che il bene conferito in trust viene separato, ossia costituisce una massa distinta rispetto ai beni residui del patrimonio del disponente, del beneficiario e del trustee (anche se intestati a quest’ultimo, nel caso di trust auto-dichiarato). Tale effetto segretativo (e la conseguente salvaguardia dei beni del disponente da azioni esecutive da parte dei propri creditori), tuttavia, non potrà rappresentare l’obiettivo ultimo (ossia l’interesse meritevole di tutela) del disponente stesso, ma potrà invece costituire lo scopo-mezzo per il raggiungimento di un ulteriore interesse meritevole del beneficiario, ossia il c.d. scopo fine.

In materia fallimentare, in linea di principio, dunque, non può essere ritenuto a priori incompatibile con le norme sulle procedure concorsuali un trust di tipo liquidatorio, che abbia come finalità quella di ottenere per conto del disponente non dichiarato fallito obiettivi di tutela dei creditori sociali, quali beneficiari del trust.

Quel che è certo è che tale istituto non può essere utilizzato per eludere le norme e le garanzie poste a protezione dei creditori dalla legge fallimentare, o anche a impedire la liquidazione nel caso in cui vada a ricomprendere l’intero patrimonio aziendale della società poi dichiarata fallita.

 

Le ipotesi di conflitto

Le ipotesi di conflitto tra trust e fallimento sono sostanzialmente due, e si distinguono per il fatto che la costituzione del trust sia avvenuta
i) quando la società non era ancora insolvente ovvero
ii) si trovava già in tale stato.

Esaminiamo separatamente le due situazioni.

Nel primo caso, le norme sul trust, (senza alcun dubbio) originariamente lecito, vengono a sovrapporsi a quelle relative alla liquidazione fallimentare, entrando in conflitto oltre che con l’ordinamento interno anche con quanto disposto dalla Convenzione dell’Aja del 1985.L’intervenuto fallimento rappresenta una causa di sopravvenuto scioglimento del trust analogamente a quelle ipotesi negoziali la cui prosecuzione è incompatibile con la dichiarazione fallimentare, e si dovrà, quindi, accertare di volta in volta cosa prevedono l’atto istitutivo del trust o la legge prescelta per la sua disciplina in ordine alla sorte dei beni conferiti (Trib. Cremona, 8.10.2013).

Nella seconda ipotesi, ossia quando il trust è istituito in un momento in cui l’insolvenza dell’impresa si era già manifestata, l’atto istitutivo deve essere considerato nullo sin dall’origine, in quanto indirizzato ad eludere norme imperative che disciplinano la liquidazione concorsuale. In tale eventualità, infatti, la nullità deriva dagli artt. 13 e 15 lett. e) della Convenzione dell’Aja, ed in considerazione del fatto che trovandosi già l’impresa in una situazione di insolvenza, avrebbe dovuto accedere agli istituti concorsuali (in tal senso, Trib. Bolzano, 8.4.2013).

L’interesse meritevole di tutela, infatti, non sussiste quando, a causa delle attività svolte e dal ristretto arco di tempo nel quale tali attività sono compiute, appare che il trust sia stato istituito al solo fine di evitare le ordinarie procedure concorsuali ed il controllo pubblicistico sull’insolvenza e che la sua ragion d’essere si esaurisca nel tentativo di sottrarre la procedura al controllo giudiziario.

In altre parole,

il trust non è validamente costituito (e quindi non c’è alcun effetto segregativo) quando l’unico scopo perseguito dal disponente è quello di limitare indebitamente la propria responsabilità patrimoniale.

Al contrario, pur sussistendo già uno stato di insolvenza, la costituzione di un trust (c.d. liquidatorio) può armonizzarsi con l’articolo 15 della convenzione dell’Aja 1 luglio 1985, resa esecutiva dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, esclusivamente alla condizione che contenga clausole che ne limitino l’operatività in caso di insolvenza e che prevedano la restituzione agli organi della procedura concorsuale dei beni conferiti in trust (così Trib. Mantova, 18.4.2011). In difetto di tale previsione, l’atto istitutivo del trust deve ritenersi affetto da nullità.