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Vendita con riserva del diritto di abitazione

Pubblicato il 14/10/2013

diritto di abitazioneIn tempi di crisi è sempre più frequente il ricorso alla vendita della proprietà con riserva del diritto di abitazione. Una operazione che consente all’alienante di privarsi della proprietà dell’alloggio, conservando tuttavia il diritto di abitarlo per tutta la durata della sua vita (o per quella diversa concordata). Diritto, questo, che non viene meno nell’ipotesi in cui il nuovo proprietario alieni a sua volta l’immobile, e che non è suscettibile di autonoma espropriazione.

L’abitazione è il diritto reale su cosa altrui, che ha per oggetto una casa, e conferisce al titolare la facoltà di abitarla nei limiti dei bisogni suoi e della sua famiglia (art. 1022 c.c.).
Al pari del diritto d’uso (di cui rappresenta una specificazione), l’abitazione ha una disciplina tipica sottratta all’autonomia negoziale delle parti, e si caratterizza per la natura necessariamente temporanea, non potendo eccedere la durata della vita del suo titolare (o quella minore eventualmente pattuita). A ciò deve aggiungersi che la facoltà di abitare l’alloggio incontra limiti di tipo qualitativo e quantitativo: la casa può infatti essere utilizzata soltanto dal titolare del diritto, personalmente e direttamente, e comunque in una forma funzionale – e non eccedente – al soddisfacimento dei suoi bisogni personali o familiari.

Il diritto d’abitazione può essere costituito dalle parti interessate per contratto (scritto a pena di nullità) e deve essere trascritto nei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2643, n. 4, e 2644 c.c.; formalità, quest’ultima, che serve a rendere opponibile il diritto ai successivi acquirenti o aventi causa dal proprietario che abbiano trascritto il proprio titolo in epoca successiva.
Il contratto costitutivo del diritto, infatti, in quanto trascritto, risulta:
non opponibile al creditore che agisce in espropriazione e, quindi, all’acquirente da vendita forzata, ogniqualvolta sia stato trascritto successivamente alla trascrizione del pignoramento;
senz’altro opponibile al creditore pignorante e all’acquirente da vendita forzata quando trascritto anteriormente al pignoramento, in assenza di iscrizioni ipotecarie anteriori al pignoramento;
opponibile o non opponibile al creditore ipotecario avente causa del proprietario che ha iscritto la propria ipoteca in data anteriore al pignoramento, a seconda che la trascrizione dell’atto costitutivo del diritto di abitazione sia o meno anteriore all’iscrizione dell’ipoteca costituita sul bene.

Si ritiene, inoltre, che l’abitazione sia un diritto insuscettibile di una autonoma espropriazione da parte dei creditori del titolare; a sostegno di questa opinione, consolidata in dottrina e in giurisprudenza, sembrerebbe potersi richiamare l’art. 1024 c.c., nella parte in cui esclude la possibilità di cedere o dare in locazione a terzi il diritto, come pure l’art. 2810 c.c. che, nell’individuare i beni oggetto di ipoteca, ignora del tutto il diritto di abitazione. Né, sembrerebbe poter formare oggetto di sequestro o di pignoramento.

Va, infine, osservato che la circostanza che un immobile sia gravato dal diritto d’abitazione, non impedisce, invece, ai creditori ed aventi causa del proprietario di procedere coattivamente nei suoi confronti, pignorando la proprietà del bene.

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