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Decreto Crescita, dal 2020 novità per gli affitti in caso di morosità

Pubblicato il 02/02/2020

legge finanziariaIl Decreto Crescita, D.L. 34/2019, convertito dalla L. 58/2019, introduce importanti novità in materia di contratti di locazione, in particolare per quanto riguarda le (purtroppo sempre più frequenti) situazioni di morosità.

La questione rilevante, sulla quale è intervenuto il D.L. 34/2019, è quella fiscale, ossia il trattamento dei canoni di locazione non pagati dal conduttore e, dunque, non percepiti dal locatore.

Si tratta di una aspetto che abbiamo approfondito in diversi nostri articoli e sul quale sono intervenute numerose pronunce della Cassazione.
Per la giurisprudenza della Suprema Corte i canoni devono essere assoggettati a tassazione indipendentemente dalla loro effettiva percezione e ciò  in quanto la tassazione del reddito locativo è, agli specifici fini, collegata alla mera maturazione del diritto di percezione di un reddito.

 

Le novità per i contratti di locazione stipulati dall’1.1.2020

L’articolo 3-quinquies del DL 34/2019 modifica l’art. 26 del DPR 917/1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) in particolare per quanto riguarda i presupposti per non assoggettare a tassazione i canoni di locazione di immobili ad uso abitativo non percepiti.

Di seguito il confronto tra il testo precedentemente in vigore della norma e quello attuale:

Testo precedente Testo in vigore
I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’art. 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare. I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’articolo 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito (purché la mancata percezione sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento. Ai canoni non riscossi dal locatore nei periodi d’imposta di riferimento e percepiti in periodi d’imposta successivi si applica l’articolo 21 in relazione ai redditi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera n-bis). Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.

 

Con il Decreto Crescita, dunque, per i contratti di locazione abitativa stipulati dall’1 gennaio, in caso di morosità, il locatore potrà evitare il prelievo sui canoni non percepiti se il mancato incasso è provato dall’intimazione di sfratto o dall’ingiunzione di pagamento.

Per i contratti stipulati fino a fine 2019 valgono ancora le regole precedenti, per cui il mancato incasso deve accertato nell’ambito del procedimento di convalida dello sfratto. Il locatore potrà continuare ad usufruire di un credito di imposta pari al valore delle imposte versate sui canoni scaduti e non percepiti, presentando istanza di rimborso nella prima dichiarazione utile successiva alla convalida dello sfratto e, in ogni caso, nel termine prescrizionale decennale.