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Certificato di debenza, cessione di azienda e debiti fiscali

Pubblicato il 02/12/2017

certificato di debenzaLa cessione di azienda determina il trasferimento da un soggetto ad un altro di un complesso di beni tra cui una serie di posizioni debitorie e creditorie che è necessario considerare e gestire opportunamente.

La questione poi si complica se per determinate fattispecie, come quella dei debiti fiscali, si sovrappongono tra loro più normative, creando dubbi interpretativi di non poco conto.

In particolare, sulla regolamentazione dei debiti fiscali (ndr: ma anche in tanti altri casi) la normativa civilista si sovrappone a quella fiscale prevista dall’art. 14, D.Lgs. 472/1997: mentre per la disciplina prevista dall’art. 2560 c.c. l’acquirente dell’azienda risponde verso i creditori (in via solidale con il cedente) per i debiti che risultano dai libri contabili obbligatori, per il Fisco la responsabilità del cessionario è limitata ai debiti risultanti, alla data della cessione, agli atti dell’Amministrazione finanziaria senza essere subordinata alla appostazione contabile.

 

Debiti fiscali e cessione di azienda. La posizione della Cassazione.

In materia di cessione di azienda uno delle questioni oggetto di numerose pronunce è quella dei relativa ai rapporti tra normativa fiscale e civilistica. Anche recentemente la Cassazione è intervenuta sull’argomento, con la sentenza n. 17264 del 13 luglio 2017, cercando di fare chiarezza a riguardo.
In particolare, in caso di cessione d’azienda, l’articolo 14, commi 1, 2 e 3, del Dlgs n. 472 del 1997 (norma speciale rispetto all’articolo 2560, comma 2, c.c.) estende la responsabilità solidale e sussidiaria del cessionario anche ad

Ciò significa che la responsabilità solidale del cessionario di azienda verso il Fisco è decisamente più ampia rispetto a quella prevista dal codice civile, includendo anche debiti (tributari ma) non risultanti dalle scritture contabili e dunque difficilmente conoscibili dall’acquirente dell’azienda.
Tuttavia, il limite a tale responsabilità è dato dal debito risultante all’amministrazione finanziaria alla data del trasferimento (e per un importo massimo pari al valore dell’azienda o del ramo d’azienda oggetto di cessione).
Sulla base di tali principi la Cassazione ha confermato l’annullamento di una serie di avvisi di accertamento perché la verifica fiscale era stata eseguita in epoca successiva (dicembre 2002) alla cessione dell’azienda (marzo 2002), «senza aver provato che già alla data del trasferimento di azienda agli atti dell’Ufficio risultasse la debitoria fiscale trasfusa nell’accertamento».
In altre parole, la Cassazione ha ritenuto che “gli atti degli uffici” assolvono una funzione sovrapponibile a quella svolta dai libri contabili sul piano della certezza e della conoscibilità della pretesa tributaria.

 

L’efficacia liberatoria del certificato di debenza

La sentenza in esame è anche l’occasione per esaminare la valenza del c.d. certificato di debenza, strumento, previsto dall’art. 14, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997 che ha come fine principale quello di rafforzare la posizione del cessionario sul piano della conoscibilità della debitoria.
La norma appena richiamata consente, infatti, all’acquirente di richiede all’Amministrazione il rilascio di un certificato dei carichi pendenti relativi all’azienda oggetto di cessione, dal quale risulti l’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati ancora soddisfatti.

Tale certificato ha dunque un’importante valenza informativa, alla quale si accompagna l’ulteriore efficacia liberatoria anticipata per l’acquirente nel caso in cui tale documento sia negativo o vengo rilasciato dopo il termine di 40 giorni previsto dalla norma.
In ogni caso, afferma la Cassazione,

la mancata richiesta del certificato di debenza da parte del cessionario impedisce a questi (ndr: solo) di avvalersi dell’eventuale effetto liberatorio anticipato

ma non comporta invece un’estensione della sua responsabilità rispetto a quella di cui si è detto in precedenza (e prevista dai commi 1 e 2 dell’art. 14, D.Lgs. n. 472/1997), ossia limitata agli “atti degli uffici”.

 

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