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(In)validità del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c.
Quali sono le condizioni per la validità di un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c.?
La recente sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, n. 399 del 10 marzo 2015, est. Dott. Luigi Morlini, interviene sulla questione chiarendone gli aspetti essenziali ed evidenziando i criteri di valutazione per l’ammissibilità o meno del vincolo di destinazione previsto dall’art. 2645 ter c.c.
I criteri per la validità del vincolo di destinazione
La sentenza del Tribunale di Reggio Emilia si pone nel solco della prevalente (e, ad oggi, quasi costante) giurisprudenza in materia di vincoli di destinazione, ma è comunque degna di segnalazione per la chiarezza con cui individua i criteri, sia di natura formale che sostanziale, ai quali il giudice deve fare riferimento nell’esame circa la validità o invalidità del vincolo (e, quindi, la conseguente assoggettabilità o meno ad esecuzione dei beni vincolati).
In particolare:
- eterodestinazione dei beni sottoposti a vincolo: come chiarisce la pronuncia, l’art. 2645 c.c. non riconosce la possibilità dell’autodestinazione unilaterale di un bene già di proprietà della parte, tramite un negozio destinatorio puro. Diversamente, si lederebbe il principio espresso dall’art. 2740 c.c., in particolare dal II comma (Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge), consentendo al debitore di sottrarre “a suo piacimento” i propri alla garanzia dei propri creditori;
- la meritevolezza degli interessi oggetto di tutela e, quindi, del negozio: la legittimità del vincolo di destinazione richiede, innanzitutto, la liceità dello scopo che deve, peraltro, considerare anche un aspetto ulteriore, ossia il giudizio di meritevolezza degli interessi oggetto di tutela, occorrendo anche un quid pluris integrato dalla comparazione degli interessi in gioco, ed in particolare dalla prevalenza dell’interesse realizzato rispetto all’interesse sacrificato dei creditori del disponente estranei al vincolo.
Mancando tali condizioni, il vincolo di destinazione è illegittimo, non è validamente apposto e deve essere cancellato.
La sentenza si sofferma anche su un altro interessante aspetto, spesso sottovalutato, in materia di vincolo ex art. 2645 ter, ossia quello dell’ inerenza del debito allo scopo di destinazione. I beni vincolati possono essere sottoposti ad esecuzione se il debito per il quale si agisce è stato contratto per uno scopo coerente con l’atto di destinazione concretamente enunciato nel caso specifico.
Analogamente a quanto stabilito in materia di fondo patrimoniale, dal punto di visto dell’onere della prova, spetta al debitore provare che il creditore conosceva l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia (ossia ai bisogni per i quali è stato costituito il vincolo ex art. 2645 ter), essendovi una presunzione di inerenza dei debiti a questi ultimi bisogni.
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