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Azione revocatoria e fideiussione.
L’azione revocatoria è uno degli strumenti a disposizione del creditore per neutralizzare gli atti con il quale il debitore sottrae (più o meno fraudolentemente) certi beni dal proprio patrimonio per evitare che gli stessi vengano aggrediti da terzi.
Con l’azione revocatoria, dunque, il creditore ha la possibilità di cancellare gli effetti prodottisi nei suoi confronti a seguito di atti di disposizione del patrimonio da parte del debitore impugnato, ricostituendo, in tal modo, la garanzia generica assicurata al creditore stesso dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c.
Uno di questi atti, generalmente catalogato nell’ambito degli strumenti di tutela del patrimonio, è (spesso) rappresentato dal fondo patrimoniale, con il quale i coniugi destinano determinati beni al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. In questo modo, su tali beni si viene a creare una protezione contro l’esecuzione da parte di terzi.
Tale protezione non è, però, sempre efficace.
Quando è possibile agire con l’azione revocatoria?
Non tutti gli atti dispositivi sono revocabili. Per poter esperire l’azione revocatoria sono, infatti, necessarie alcune condizioni:
- l’esistenza di un rapporto di debito/credito;
- la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio (nel senso di maggiore difficoltà all’esazione del credito) al creditore;
- in caso di atto a titolo oneroso (ndr: le prestazioni di garanzia anche per debiti altrui sono considerate atti a titolo oneroso), la consapevolezza del terzo di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore.
Il primo requisito, che può sembrare del tutto ovvio, richiede un’importante precisazione: è sufficiente, infatti, l’esistenza del debito, mentre non è necessaria anche la concreta certezza, liquidità ed esigibilità del correlativo credito.
Infatti, anche il credito condizionale, non scaduto o soltanto eventuale (ad es., perché oggetto di accertamento giudiziale) consente al creditore di esperire l’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore.
Analogamente, in caso di apertura di credito in conto corrente, l’insorgenza del credito si determina con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione.
Qualora, poi, sia stata prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse alla suddetta apertura di credito, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento (Cass., 27.1.2015, n. 1450).
Pertanto, ove i beni già posti a garanzia del credito venissero successivamente conferiti in un fondo patrimoniale, ricorrendone i presupposti di cui abbiamo detto, tale fondo sarebbe revocabile da parte del creditore.
Onere della prova
L’onere della prova circa l’esistenza dei presupposti dell’azione revocatoria spetta al creditore, e tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni, che possono fondarsi su molteplici elementi, quali, ad esempio, rapporti di amicizia o parentela tra debitore e terzo; prezzo di vendita inferiore al valore effettivo del bene, acquisto con un unico atto di una pluralità di beni ecc..
In ogni caso, la revocatoria deve essere proposta entro il termine di cinque anni dalla data dell’atto, periodo di tempo decorso il quale l’azione è prescritta.
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