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Vizi acustici e deprezzamento dell’immobile.
A certe condizioni, la presenza di vizi e difetti ad un fabbricato consente al proprietario di chiedere un risarcimento, nel caso tali difformità siano gravi, o di essere rimborsato di quanto pagato in più rispetto al reale (minor) valore del fabbricato stesso.
La recente sentenza della Corte d’Appello di Brescia, n. 32 dell’8 gennaio 2015 , interviene sul tema dei vizi acustici di un immobile e sulla determinazione dell’eventuale deprezzamento.
Il caso riguarda un fabbricato riconosciuto viziato acusticamente dalla perizia effettuata dal CTU in primo grado e la richiesta di garanzia per minor valore (art. 1490 c.c.) avanzata dal proprietario. La Corte d’Appello, con una pronuncia molto articolata (e, in certi passaggi, davvero sagace!) “smonta” letteralmente le valutazioni tecniche effettuate dal perito e rovescia completamente la sentenza del Tribunale.
La determinazione del minor valore dell’immobile
Il principio affermato dalla sentenza della Corte d’Appello di Brescia, e ben illustrato nelle motivazioni, è estremamente lineare: la determinazione del minore valore dell’immobile deve essere adeguatamente motivata, e non è sufficiente richiamare a tal fine precedenti pronunce.
Come si legge nella pronuncia, infatti, il ctu oltre a rifarsi in modo del tutto acritico ad una sentenza di un giudice torinese, non spiega il perché ma conclude che, nella specie, la media essendo il 25%, la svalutazione dovrebbe attestarsi sul 30%, vale a dire il massimo ipotizzabile, quasi a dire che l’appartamento sia stato costruito entro una cella campanaria.
Pur nella sua semplicità, quanto affermato dalla Corte costituisce un principio importante e non trascurabile. Il deprezzamento:
- deve essere stabilito in modo rigoroso e
- fare riferimento al caso specifico (ad es., il vizio riguarda l’intero immobile o una porzione limitata?)
In mancanza di tali valutazioni la determinazione del minor valore di un immobile non può essere ritenuta attendibile e, dunque, costituire oggetto di corrispondente ristoro.
La riduzione del prezzo
Nel caso in cui il bene venduto presenti dei vizi, il compratore ha diritto di richiedere la riduzione del prezzo (art. 1492 c.c.). Questa azione ha lo scopo di ripristinare l’equilibrio tra valore della cosa e prezzo pagato. Nel caso di accoglimento della domanda, l’obbligazione del venditore (di restituire parte del prezzo ricevuto in pagamento) costituisce un c.d. debito di valuta (se 100 è la parte del prezzo ricevuta a suo tempo in più dal venditore, 100 è quanto egli dovrà restituire) , e dunque, non rilevano gli effetti della svalutazione monetaria.
Altra e diversa cosa rispetto al minor valore è, invece, il risarcimento del danno (e anche su questo aspetto il CTU ha dimostrato di avere le idee confuse!) che può comunque essere richiesto dal compratore, sussistendo determinate condizioni.
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