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Diffida ad adempiere e rappresentanza.

Pubblicato il 05/07/2013

diffida ad adempiere

La diffida ad adempiere può essere fatta da un rappresentante? Certamente, purché la procura sia stata rilasciata in forma scritta.
Lo stabiliscono le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 14292 del 15.6.2010, che fa chiarezza sulla questione.
Abbiamo trattato di questo problema in un articolo pubblicato sulla rivista I Contratti Ipsoa (n. 10/2010), ma cerchiamo qui di riassumerne i punti essenziali, evidenziando, in particolare, gli aspetti di natura pratica che si devono di fatto tenere in considerazione.

 

Natura giuridica e forma della diffida

La diffida ad adempiere costituisce, insieme al termine essenziale e alla clausola risolutiva espressa, una delle ipotesi di risoluzione per inadempimento di diritto e rappresenta un tipico caso di autotutela privata.
Attraverso la diffida il creditore ha infatti la possibilità di ottenere la risoluzione automatica di uno specifico rapporto, qualora l’inadempimento si protragga oltre un termine congruo da lui stesso stabilito.
In altre parole, attivando il meccanismo della diffida, una volta decorso il termine di cui si è detto, viene fissata definitivamente la responsabilità del debitore.

Per la diffida non è necessario l’uso di particolari formule sacramentali, ma essa deve comunque contenere sia la richiesta di adempimento che l’avviso che il mancato rispetto del termine produrrà di diritto la risoluzione del contratto, pena la sua inefficacia.
Ad ogni modo, il contenuto della diffida serve ad evitare qualsiasi equivoco sulla natura dell’atto, che non sarà di semplice costituzione in mora, come avviene per le normali intimazioni di pagamento, ma dovrà invece dimostrare l’intenzione di produrre quel particolare effetto dello scioglimento del rapporto che altrimenti non si produrrebbe.

La diffida è, inoltre, un negozio irrevocabile e recettizio, cioè ha effetto dal momento in cui giunge al destinatario, ossia il debitore o il suo rappresentante. Nel caso di incapacità legale del debitore la diffida dovrà essere comunicata al rappresentante legale.

 

Trasmissione e comunicazione della diffida

Una volta stabilito il contenuto della diffida, un altro problema è quello delle modalità di trasmissione della diffida stessa.
L’art. 1454 c.c. non impone alcuna forma specifica (raccomandata, notifica, ecc.), non è dunque necessario che essa venga effettuata per atto di ufficiale giudiziario.
La diffida potrà essere, quindi, trasmessa al destinatario direttamente dalla parte intimante (per posta raccomandata, per telefax, telegramma, consegnata a mani, ecc.), potrà essergli notificata a mezzo ufficiale giudiziario o dal legale.
A prescindere dalla modalità scelta per l’invio della diffida, in ogni caso è importante che vengano fatte salve le esigenze di certezza dell’istituto di cui si dirà meglio in seguito.

 

L’intimazione della diffida per procura

La diffida può essere fatta dalla parte non inadempiente, che potrà farlo personalmente o attraverso un proprio rappresentante, legale o volontario.
Il problema affrontato dalla Cassazione riguarda proprio quest’ultima possibilità e, in particolare, la forma che deve avere la procura con la quale si conferiscono i poteri al rappresentare per effettuare la diffida.

Le posizioni a riguardo sono sostanzialmente tre:

  1. la diffida è atto negoziale formale, ed in considerazione dell’esigenza essenziale della certezza sull’identità del diffidante e sulla sua volontà, è necessaria in ogni caso la forma scritta per la procura a diffidare;
  2. vige il principio della libertà della forma sia per la redazione della procura, che per l’eventuale successiva ratifica. Corollario naturale di una tale impostazione è dunque la validità della diffida sottoscritta dal legale della parte non inadempiente, al quale questa abbia conferito l’incarico anche solo oralmente;
  3. la procura per la diffida ad adempiere, ancorché questa sia atto unilaterale, deve essere fatta per iscritto soltanto nei casi previsti dalla legge e quindi se per il contratto, che si intende risolvere, la forma scritta sia richiesta ad substantiam o anche soltanto ad probationem e non quando riguardi beni mobili, per cui può essere anche conferita tacitamente, restando in facoltà dell’intimato di esigere a norma dell’art. 1393 c.c., che il rappresentante, o chi si dichiari tale, giustifichi, nelle forme di legge, i suoi poteri (Cass. 1 settembre 1990, n. 9085)

Come si è già anticipato, con la sentenza sopra richiamata, la Cassazione ha stabilito inequivocabilmente che la procura relativa alla diffida ad adempiere deve essere rilasciata per iscritto, pena l’inefficacia dell’atto di intimazione, e ciò indipendentemente dal carattere eventualmente solenne della forma richiesta per il contratto destinato in ipotesi ad essere risolto.

 

La giustificazione dei poteri del rappresentante

Colui che riceve la diffida intimata a mezzo del rappresentante può certamente richiedere a quest’ultimo di giustificare i suoi poteri nel caso in cui la procura non sia stata allegata alla diffida, così come stabilisce l’art. 1393 c.c.

Tale diritto di verificare il potere in capo al rappresentante, che il codice assegna al destinatario dell’atto, serve per la certezza che l’intimazione provenga da chi possa spendere il nome della controparte in relazione agli effetti che la diffida è diretta a produrre.
Di conseguenza, solo dal momento della consegna di copia della procura decorrerà il termine assegnato nella diffida dal procuratore per eseguire la prestazione, pena la risoluzione del contratto.

 

La ratifica

Cosa succede nel caso in cui la diffida venga originariamente intimata dal rappresentante in mancanza di valida procura scritta? Il creditore può ratificare l’operato del rappresentante e, quindi, “rendere valida” a posteriori la diffida?

È certamente possibile, attraverso la ratifica, ossia l’atto (negozio unilaterale) mediante il quale il soggetto rende efficace nei propri confronti l’atto compiuto dal non autorizzato, con effetti dal momento in cui l’atto è stato compiuto (e non dal momento della ratifica). Si tratta di una sorta di procura successiva.

Trova applicazione, pertanto, la disciplina valevole per la procura e, in particolare, l’articolo 1399 c.c. che richiede la stessa forma prescritta per il contratto stipulato dal rappresentante. Dunque anche la ratifica dovrà essere fatta in forma scritta.


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