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Recesso del socio, è nullo se viene restituito capitale e sovrapprezzo.

Pubblicato il 22/05/2018

recesso del socioIl recesso del socio dalla società è una possibilità prevista dalle norme del codice civile in materia di società come forma di tutela della minoranza. Esercitando il diritto di recesso, il socio può legittimamente uscire dalla compagine sociale e richiedere la liquidazione della propria quota.

Ci sono però dei limiti imposti dalla legge che è necessario rispettare affinché il recesso venga validamente esercitato. Tra questi quelli riguardanti il valore della liquidazione.

 

La determinazione del valore della quota da liquidare

Il socio che recede dalla società ha diritto di ottenere il rimborso della quota di partecipazione in proporzione del patrimonio sociale. È quanto stabilisce l’art. 2473 c.c., III co., che prevede inoltre che il rimborso è determinato tenendo conto del valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso.

Ciò significa che non è possibile prevedere statutariamente che il recesso del socio determini la possibilità di conseguire un rimborso diverso dal valore di mercato della partecipazione; è però possibile prevedere nello statuto criteri finalizzati a determinare in misura oggettiva tale valore di mercato.
Così, sono da ritenere lecite le clausole che determinano il valore dell’avviamento secondo calcoli matematici rapporti alla redditività degli esercizi precedenti, mentre sono considerate illecite le clausole che determinano il rimborso in misura pari al valore nominale della partecipazione.

 

Recesso del socio e divieto del patto leonino

Sulla questione del recesso del socio e della liquidazione della sua partecipazione è intervenuta l’ordinanza 10583 del 4 maggio 2018 della Cassazione che ha stabilito che è nullo l’accordo con il quale viene riconosciuto al socio il diritto di recedere dalla società richiedendo al contempo la restituzione di quanto versato a titolo di capitale e sovrapprezzo.
Dunque,

il recesso del socio non dà diritto alla restituzione del conferimento versato, ma alla liquidazione della quota in base al valore del momento in cui tale diritto viene esercitato, ai sensi dell’art. 2473, III co., c.c.

Il versamento del capitale sociale non è, infatti, un finanziamento di cui il socio possa pretendere la restituzione. Se invece tale possibilità fosse ammessa, verrebbe di fatto azzerato il rischio d’impresa (assunto appunto con la sottoscrizione del capitale sociale). Per tale motivo, un accordo di questo tipo sarebbe nullo, come prevede l’art. 2265 c.c., che disciplina il c.d. patto leonino (è nullo ogni patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite).

Un vero e proprio diritto di credito alla restituzione di quanto versato dal socio alla società maturerebbe solo ove fosse dimostrato (da chi ne pretende la restituzione) che il versamento è avvenuto a titolo di “finanziamento”, ossia mediante il versamento di una somma appostata tra i debiti della società e non (come accade per capitale e sovrapprezzo) nel proprio “patrimonio netto”.