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Interdizione, ads e ricovero in struttura – Trib. Savona, 12.2.2021

Pubblicato il 30/03/2021

interdizioneInterdizione e amministrazione di sostegno, il tema ormai lo conosciamo. Quali sono le differenze tra le due figure? quando si deve ricorrere all’una piuttosto che all’altra?
Si tratta di un argomento del quale abbiamo parlato in diversi articoli e sul quale è possibile trovare in rete un’infinità di pronunce. Anche contraddittorie tra loro…

 

L’interdizione per il ricovero in struttura senza il consenso della persona

Veniamo subito al dunque. Al di là delle ricostruzioni teoriche, che poco interessano alla maggior parte delle persone, si è spesso convinti che la scelta tra l’interdizione o l’amministrazione di sostegno dipenda dai maggiori poteri attribuiti ad una figura rispetto all’altra: l’interdizione, e quindi, il tutore avrebbe il potere di “forzare” la volontà della persona fragile, mentre l’amministratore di sostegno non può farlo (ndr: ricordate? l’ads deve tenere in considerazione i bisogni e le aspirazioni del beneficiario…).

Proprio su questa distinzione si basa la recente sentenza del Tribunale di Savona del 12 febbraio 2021.
La vicenda è quella, abbastanza comune, di una persona fragile che ha bisogno di assistenza medica e per la quale è necessario valutare la collocazione in un struttura della persona, che però si oppone a tale scelta.
Il tribunale ligure dopo aver chiarito che l’interdizione sancisce una relazione particolare fra tutore (rappresentante) e tutelato (analogamente al genitore nei confronti del figlio minore), rendendo giuridicamente rilevante il dovere di preoccuparsi di un altro soggetto (non soltanto con una generica e indefinibile “presa in carico”) afferma che

la tutela, quindi, é l’unico strumento che legittimi una collocazione protratta, anche contro la volontà dell’interessato e che legittimi una sostituzione al paziente nel consenso a terapie e trattamenti sanitari e chirurgici (art. 37 Codice Medico Deontologico 16.12.2006 ma nello stesso senso anche il precedente) ovvero nella scelta di modalità assistenziali.

Tutto ciò comporterebbe, secondo la sentenza in esame, l’individuazione di un potere-dovere del tutore in ordine alla collocazione del tutelato, disciplinata espressamente dagli artt. 371 c.c. e negli artt. 358 c.c. 44 disp.att. c.c., e costituisce il fondamento del potere dell’intervento sostitutivo del tutore nei confronti del rappresentato sino ad arrivare alla c.d. collocazione senza il consenso del tutelato (es. residenzialità protratte).

 

…e l’amministrazione di sostegno?

Il ragionamento del Tribunale di Savona, di per sé, non fa una piega, anche se le motivazioni alla base della sentenza sembrano francamente deboli.

Che la tutela sia l’unico strumento che legittimi una collocazione protratta, anche contro la volontà dell’interessato non è vero.

Anche la misura dell’amministrazione di sostegno, infatti, pur con i suoi limiti rinvenuti spesso nei suoi “contorni fluidi”, può spingersi fino ad avere il contenuto della tutela. In tal senso si esprime proprio un recente decreto del Tribunale di Udine del 3 novembre 2020, che in un caso analogo a quello di cui sopra, autorizza l’amministratore di sostegno a prestare, in nome e per conto della beneficiaria, il consenso all’immediato inserimento presso una casa di cura e ricovero a sua scelta, anche avvalendosi della collaborazione e dell’ausilio degli operatori dei servizi socio assistenziali e sanitari e, unicamente in caso di gravissima necessità, della forza pubblica, sempre salvo il rispetto della dignità e della libertà personale della beneficiaria.

Al di là delle “preferenze” per una misura piattosto che per l’altra, quel che è certo è che la giurisprudenza oscilla pericolosamente da una posizione all’altra, spesso su materie così delicate come quelle in esame, che richiederebbero invece maggiore chiarezza e uniformità di vedute.