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I reati dell’Amministratore di Sostegno.
In quali reati potrebbe incorrere l’amministratore di sostegno?
Come già sappiamo, con il decreto di nomina il Giudice Tutelare indica all’amministratore di sostegno in maniera precisa il contenuto dell’attività che egli dovrà svolgere, e a tal fine gli conferisce particolari poteri e facoltà.
Dal decreto di nomina derivano, dunque, precisi obblighi ma anche responsabilità , alcune riguardanti la situazione specifica, altre invece dipendenti dall’incarico stesso di amministratore di sostegno.
Tutore e amministratore di sostegno
Seppur non espressamente previsto dalla legge, a tutti gli effetti, l’amministratore di sostegno è un pubblico ufficiale. Da questo punto di vista, le sentenze in materia (tra le ultime, Cass. Pen., Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 50754) hanno, infatti, avvicinato la figura del tutore a quella dell’amministratore di sostegno, evidenziando che nelle norme introdotte dalla legge 6/2004 (in materia di amministrazione di sostegno) vi sono numerosi elementi che confermano tale circostanza:
- la prestazione del giuramento prima dell’assunzione dell’incarico (art. 349 cod. civ.);
- il regime delle incapacità e delle dispense (artt. 350-353 cod. civ.);
- la disciplina delle autorizzazioni, le categorie degli atti vietati, il rendiconto annuale al giudice tutelare sulla contabilità dell’amministrazione (artt. 374-388 cod. civ.);
- l’applicazione, nei limiti di compatibilità, delle norme limitative in punto di capacità a ricevere per testamento (artt. 596, 599 cod. civ.) e capacità di ricevere per donazioni (art. 779 cod. civ.).
In sostanza, dicono le sentenze, dal punto di vista formale e sostanziale, la disciplina che si ricava dal codice civile pone l’amministratore di sostegno sullo stesso piano del tutore con gli obblighi e le ricadute penali che la sua qualità di pubblico ufficiale comporta.
Più semplicemente, tutto questo significa che l’attività dell’amministratore deve essere svolta con particolare cura, sapendo che egli potrebbe incorrere in reati c.d. propri, ossia che possono commessi solo da chi ricopre un incarico di pubblico ufficiale. Ci riferiamo al peculato, all’abuso d’ufficio e al reato di falso.
Esaminiamoli meglio.
Il peculato
La possibilità che l’amministratore di sostegno si appropri indebitamente di somme di denaro appartenenti al beneficiario (tecnicamente si parla di peculato) è, senza alcun dubbio, una delle preoccupazioni principali che derivano dalla nomina di un amministratore di sostegno.
Proprio per questo motivo l’amministratore è tenuto a predisporre periodicamente il rendiconto, nel quale deve indicare e documentare le entrate e le uscite del beneficiario. In questo modo il Giudice Tutelare ha la possibilità di verificare l’attività dell’amministratore e se, del caso, chiedere chiarimenti o fornire indicazioni a riguardo.
L’abuso d’ufficio
Uno degli aspetti principali dell’amministrazione di sostegno è quello indicato nell’art. 410 c.c., che stabilisce che l’amministratore deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario e tempestivamente informare il beneficiario circa gli atti da compiere nonché il giudice tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso.
Nel caso in cui, invece, l’amministratore agisca ignorando tale obbligo potrebbe incorrere nell’abuso d’ufficio, se con tale comportamento intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto. Nello svolgimento del proprio incarico egli, dunque, deve sempre rapportarsi con il beneficiario o, nei casi in cui ciò non sia possibile (ad esempio, per le condizioni di salute del beneficiario stesso), con il giudice tutelare, al fine di individuare la soluzione che si ritiene migliore nell’interesse della persona amministrata.
Il reato di falso
L’art. 479 c.p. punisce il pubblico ufficiale che nell’esercizio del suo incarico rende una falsa attestazione.
Nel caso dell’amministrazione di sostegno tale circostanza potrebbe verificarsi, ad esempio, qualora l’amministratore dichiarasse falsamente che il beneficiario si trova in condizioni di indigenza, per poter così beneficiare di determinati contributi economici.
Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione. Tale delitto si verifica, dunque, non solo quando la falsità sia compiuta senza l’intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno.
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L’immagine allegata è presa da “www.carabinieri.it”
Buongiorno,
è stata richiesta al GT la sostituzione dell’ADS causa reati di falso (rendicontazione non rispondente al vero) e abuso di ufficio (azioni non a supporto ma “in vece”, contro la volontà del beneficiario di cui non si tiene conto perseguendo invece un fine personale).
Il GT di Pavia ha da subito rigettato verbalmente la richiesta sostenendo la buona fede dell’ADS e l’estraneità del ruolo di GT a qualsivoglia risvolto penale a cui suggerisce eventualmente di rivolgersi in seguito.
Di fatto, non ritiene che le azioni (documentate) dell’ADS siano motivo sufficiente per la sostituzione dello stesso e potrebbe preparsi a riconfermarlo avvallandone così gli atteggiamenti scorretti.
Come bisogna comportarsi in questo caso? Come è possibile che un giudice “interpreti” la norma favorendo determinati comportamenti, invece che applicarla?
Buongiorno, nel caso vi fossero gli estremi di un reato si potrebbe certamente segnalare la vicenda alla Procura.
In ogni caso, qualora vi fossero dubbi circa la correttezza dell’operato dell’amministratore di sostegno è possibile presentare una segnalazione scritta anche al Giudice Tutelare, il quale, se ravvisasse un’ipotesi di reato, invierebbe il fascicolo al Pubblico Ministero.
Salve io posso capire un rendiconto da un ADS esterno cioè che non sia il genitore del beneficiario oppure che debba gestire somme ingenti ma non dal proprio genitore che gli mette a disposizione la propria vita per garantirgli vita migliore trascurando la sua tutti i giorni e non mettendo una badante che costerebbe molto più della pensione del beneficiario.C’è qualche modo per evitare tutto questo,visto che per un genitore non è nemmeno tanto bello scrivere il rendiconto .La ringrazio anticipatamente per una risposta.
Buongiorno sig. Antonio, la sua osservazione è certamente condivisibile (e forse tra le più frequenti ai corsi per amministratori di sostegno).
Le disposizioni della legge 6/2004 però mirano a tutelare il beneficiario di amministrazione di sostegno.
Gli adempimenti posti a carico dell’amministratore, e in particolare, il rendiconto, sono proprio imposti al fine di consentire al giudice tutelare di avere un controllo costante e periodico (più che sull’amministratore, come molti erroneamente credono!) sulla situazione del beneficiario.
Nel caso in cui amministratore sia il genitore o un parente, probabilmente, il rendiconto costituisce un appesantimento dell’incarico, già molto oneroso.
Ma purtroppo, essendo previsto dalla normativa in materia, non è possibile evitare di farlo.
Saluti.
Buongiorno, nel caso l’ADS esterno alla famiglia non abbia ottemperato con diligenza ai suoi compiti (nella fattispecie mancata effettuazione di pagamenti vari a enti erogatori di forniture, tributi comunali, mancata presentazione dei moduli 730 e conseguente perdita di rimborsi per consistenti spese mediche come rette casa di riposo…) gli eredi del beneficiario adesso deceduto possono ricorrere al giudice tutelare per portarlo a conoscenza dell’accaduto? Grazie mille.
Buongiorno,
se l’AdS non ha effettuato l’incarico con diligenza e tralasciando certe attività (es., pagamenti…) si può segnalare la cosa al Giudice Tutelare o, addirittura, nei casi più gravi alla Procura.
Grazie mille per la risposta. L’ads risponde che gli enti avevano il dovere di inviare a lui le fatture e non a casa dell’amministrata (dove comunque egli ritirava la posta), ma gli enti (tra i quali il comune di una grande città) rispondono che l’ads avrebbe dovuto richiedere la modifica dell’indirizzo di invio, cosa che non è stata fatta.
Gentile avvocato le chiedo se è possibile rivolgersi a lei riguardo al comportamento di un ads che ha dichiarato il falso nelle istanze presentate al giudice tutelare.
Vorrei presentare denuncia penale in quanto ha dichiarato un serie di falsità nei miei riguardi (sono la figlia dell’amministrato) Ho chiesto ad un avv penalista che mi ha detto che non è possibile presentare denuncia perché trattasi di comunicazioni strettamente riservate al giudice e quindi non sussiste la diffamazione. Mi sembra impossibile che un ads possa permettersi di dire certe cose senza avere alcuna prova a dimostrazione di ciò che dice.
L’ads non ha tutelato gli interessi di mia mamma. Non elenco le questioni perchè sono veramente molte. Ho presentato istanza al GT affinchè intervenisse a tutela della mamma. L’ads ha reagito malamente iniziando a depositare una serie di sub procedimenti nei quali continua ad aditarmi come figlia ingrata. Ha addirittura scritto che io odio mia madre.
Ho chiesto il trasferimento del fascicolo ad altro tribunale per competenza territoriale inquanto ricoverata c/o RSA lontana dal luogo di residenza. Ora l’ads pur di mantenere mia madre quale amministrato chiede il trasferimento ad altra RSA (a me lontana 50 km) dichiarando che i vecchi vicini sono meglio di me.
Lei cosa dice?
Non è un abuso o un eccesso di potere? E se si è configurabile come reato?
Può essermi d’aiuto?
Gent.le sig.ra Dolores,
la ringrazio per averci contattato.
Per poter fornirLe un parere relativo al suo caso specifico avremmo necessità di esaminare la documentazione in Suo possesso (ad es., decreto di nomina, corrispondenza intercorsa con l’ads, ecc…).
Prima è necessario però che le inviamo un nostro preventivo scritto (come previsto dalla vigente normativa), e se da Lei approvato, procederemo come detto.
Se interessata può scriverci a info@studiolegalemagri.it
Saluti,
Studio Legale Magri